Dal 7 all’11 settembre 2016 si è tenuta a Bolsena (Lazio) La Convergenza Europea di Permacultura, a cui ho partecipato.

La Permacultura si presenta come risposta dei singoli e delle comunità alle sfide della nostra epoca: dalla palese insostenibilità del modello agroalimentare attuale quasi del tutto dipendente dalle fonti fossili, al cambiamento climatico, dalle problematiche ambientali, tra cui il dissesto idrogeologico, l’impoverimento del suolo e l’inquinamento delle acque, allo sfruttamento intensivo di tutte le risorse naturali, fino all’alienazione dell’uomo in rapporto alla società e alle comunità in cui vive.

La storia della Permacultura comincia nei primi anni ’70 in Tasmania, Australia, e prosegue poi in USA e in Europa. Essa permette di creare sistemi (da un orto a una intera città e più ancora) che interagiscono con la natura per fornire abbondanza di risorse, cibo, fibre, energia.

A Bolsena ho conosciuto Helder Valente, noto insegnante di Permacultura, fondatore di New School Permaculture a Tenerife (link intervista di Valentina e Helder). Ho avuto modo di confrontarmi con lui sulle potenzialità della Permacultura in Sicilia, una terra ad alto rischio di desertificazione. Ho avuto modo di parlare con John Button, permacultore Australiano, studente e amico di Bill Mollison (il padre della permacultura), che ha insegnato e lavorato in tutto il mondo. Ho avuto la fortuna di confrontarmi anche con Flavio Troisi e Marco Matera, i fondatori della rivista online Permacultura & Transizione, sito di riferimento per leggere gli articoli dei più autorevoli rappresentanti internazionali della Permacultura e della Transizione e megafono dei permacultori italiani.

Quella a Bolsena è stata un’esperienza che mi ha dato moltissimi spunti per delle politiche M5S da attuare in Sicilia.

La permacultura sembra sfidare tutte le regole dell’agricoltura tradizionale. In parole semplici, prova a dirottare ed applicare i principi degli ecosistemi naturali verso sistemi più abbondanti e resilienti. Questo sistema di coltivazione è arrivato a produrre anche cibo sufficiente a sfamare 10 persone per acro (0,4 ettari). Un approccio incredibile che per rendere produttivo un piccolo terreno usa poco lavoro, minori spazi e poca energia ma che richiede del tempo (il principio è che il suolo deve ritornare ad essere vivo, la biodiversità deve iniziare a ricomporsi). Un orto condotto da un ortolano esperto può produrre 5 volte più cibo per metro quadro di una grande fattoria. Un gran numero di orti, orti urbani e piccole proprietà potrebbero contribuire fortemente a sostenere le città.

Per queste ragioni questa scienza e questi principi rientreranno tra gli obiettivi di un piano di agricoltura sostenibile a 360° a cui io e i miei colleghi siciliani lavoriamo da tempo attraverso proposte di legge e attività che entreranno a far parte delle ‘Linee Guida’ per la redazione di un Piano agricolo siciliano ispirato ad un’agricoltura più sostenibile e meno dipendente dalle fonti fossili, in accordo alla strategia dell’Unione “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Inoltre stiamo lavorando anche per la tutela della biodiversità, messa ogni giorno sempre più a rischio dall’introduzione di nuove specie patogene aliene infestanti e/o parassitarie, con un impatto economico a carico degli enti pubblici, del comparto agroalimentare e, in generale, dei cittadini che, seppur difficilmente quantificabile, dalle stime appare inquietante.

Volevo portare alla vostra attenzione un documentario di grande impatto, non nuovissimo, che ho visto nel 2012, che spiega in maniera semplice tutti i concetti sopra riportati con esempi, esperienze pratiche e autorevoli testimonianze. Un film prodotto dalla BBC, incentrato sui rapporti tra energia e agricoltura e diretto da Rebecca Hosking, nota documentarista naturalista inglese in versione completa e sottotitolata in italiano: ‘Una fattoria per il futuro’. Il film affronta il tema della dipendenza dagli idrocarburi fossili delle filiere agro-industriali contemporanee e l’esigenza urgente di svincolarci al più presto possibile da esse. Narra in forma autobiografica il percorso della stessa autrice alla ricerca di un nuovo modello produttivo da applicare nella sua fattoria, allo scopo di superare le sfide del futuro nell’imminenza del picco del petrolio e racconta esperienze di pionieri e visionari che sono riusciti a sperimentare fattorie completamente diverse dalle altre, non dipendenti dal petrolio, dalla chimica e dai macchinari.

Un sistema di agricoltura sostenibile che rispetti il suolo, la biodiversità e la nostra salute? Non è un’utopia… A riveder le stelle!