Agroecologia: serve un cambio di rotta coraggioso da parte di tutti noi

Accesso ai fondi solo alle aziende che adottano criteri agroecologici

Contro i cambiamenti climatici cambio di paradigma e modifica di norme

Il Piano di Sviluppo Rurale (PSR) è strettamente correlato all’attuazione della Politica Agricola Comune (PAC), una politica comunitaria che impiega i maggiori investimenti dell’Unione europea che a sua volta, per mezzo di queste politiche, interviene nelle aree rurali dell’intero territorio europeo con progetti socio-economici.

Dalla metà degli anni ’80 questi progetti hanno puntato ad un cambiamento radicale di crescita con nuove capacità progettuali in grado di trasformare la cultura rurale in fattori di sviluppo ed opportunità di crescita locali, regionali e nazionali. Nello specifico, i soggetti pubblici e privati interessati, attuatori nelle aree locali, si costituiscono in Gruppi di Azione Locale (GAL) per gestire i fondi europei (FESR) e quindi per attuare i Programmi di Azione Locale (PAL).

Lo sviluppo delle aree rurali consente alle economie locali l’abbandono di quelle politiche volte alla produttività estrema che hanno generato negli ultimi decenni sfrenato consumismo e consumo delle risorse dei territori. Uno sviluppo programmato nelle aree locali che va anche a favore delle economie regionali e nazionali dove cresce l’occupazione, specie quella giovanile, e la qualità della vita derivante anche dalla qualità dei prodotti coltivati in aziende agricole ammodernate e gestite da agricoltori che godono di redditi equi e stabili.

Sala Rossa ARS, primo incontro del coordinamento “Stop Glifosato”

Già qualche anno fa un rapporto della FAO, che affrontava la questione dello sviluppo rurale, invitava “i decisori politici a riconoscere il ruolo catalitico dei piccoli centri urbani come mediatori tra il mondo rurale e urbano, e a fornire ai piccoli agricoltori maggiori opportunità per commercializzare i loro prodotti e per condividere i benefici della crescita economica”. E addirittura, in Colombia lo sviluppo rurale diventa strumento di pace: le terre, motivo di conflitto armato, creano un passaggio storico dove contadini a livello familiare giocano l’importante ruolo di attuatori di politiche locali che riportano la terra nel suo ruolo ancestrale: produrre cibo per alimentare l’economia di una nazione intera, puntando anche all’esportazione nell’intero pianeta. Le attività rurali, insomma, crescendo e sviluppandosi, eliminano la povertà e la disoccupazione ed alimentano le aree urbane in termini di sostenibilità umana, ecologica ed energetica.

Ma il connubio tra PSR e PAC necessita di politiche post industriali attuate con programmazioni serie e concrete, altrimenti ogni investimento economico sarà sprecato, ogni progetto vanificato e le piccole economie rurali rimarranno schiacciate dalla competitività, nell’ambito dei costi di produzione, rappresentata dalla produzione industriale degli alimenti i quali, in modo bulimico, occupano gli scaffali della grande distribuzione. Le politiche a favore dello sviluppo rurale non possono limitarsi ad incentivare gli ammodernamenti di una azienda agricola o ad incentivare tecniche agricole che si fondano sulla sostenibilità ambientale o sullo sfruttamento etico delle risorse naturali. Una politica agricola sana e proficua deve ristabilire gli equilibri commerciali, del costo del lavoro, dove una azienda agricola, con la commercializzazione dei suoi prodotti, deve poter competere con le produzioni alimentari industriali.

Sala Rossa ARS, secondo incontro del coordinamento “Stop Glifosato”

La vera rivoluzione consisterebbe, nel caso in cui volessimo veramente puntare sulla qualità, sulla salubrità e sul rispetto dell’ambiente, quindi se volessimo incentivare l’abbandono dell’uso indiscriminato della chimica in agricoltura, nella limitazione dell’erogazione dei fondi PSR solo e soltanto alle aziende agroecologiche e/o produttrici in Bio, in accordo, del resto, agli obiettivi europei di sostenibilità ecologica ed energetica (a partire dalla Conferenza di Cork del 1996), molti dei quali sono rimasti disattesi, cioè, l’essere “sostenibili” dovrebbe essere pre-requisito base per accedere ad ogni fondo del PSR.

E chiaro che nell’ambito applicativo di un progetto di sviluppo rurale il rispetto dell’ambiente gioca un ruolo fondamentale. Il Paese Italia ancora non dedica molti fondi all’ecologia, alla tutela ambientale. Tuttavia, è l’educazione ambientale e la sua applicazione, con buone e severe pratiche, che possono assicurare lo sviluppo locale, l’attività agricola e la qualità del prodotto. La Danimarca ha un obiettivo a breve termine: il 100% biologico. Ciò si realizza con l’assoluta esclusione dell’utilizzo in ambito agricolo dei fitofarmaci, adottando un modello agroecologico. Un obiettivo che potrebbe raggiungere anche la Sicilia che è tra le prime produttrici Bio in Europa. Una recente nostra proposta di Legge all’ARS mira ad attuare “azioni a difesa della salute, dell’ecosistema, della biodiversità e della qualità dei prodotti agricoli siciliani” puntando ad uno dei primi responsabili del rischio di contaminazione dei prodotti, il glifosato, ma non solo, in generale viene incentivata la conversione da un modello agricolo convenzionale ad uno agroecologico. Diversi studi scientifici accreditati attribuiscono al glifosato seri rischi per la salute umana mentre nelle campagne di monitoraggio delle acque superficiali effettuati nei terreni da Ispra è considerato come la sostanza inquinante più presente e persistente, nonché notoriamente tossico. I danni per l’ambiente sono notevoli: si registra una ricaduta sulla salute dell’uomo con conseguente aggravio sui costi sanitari, nonché su quegli ambientali.

Sala Rossa ARS, terzo incontro del coordinamento “Stop Glifosato” per avviare l’iter che possa dotare la Sicilia di una legge regionale

La Sicilia, che esporta prodotti Bio in tutta Europa, dovrebbe salvaguardare il suo principale patrimonio, la biodiversità. Difatti, proprio per questo motivo, si colloca al primo posto in Italia per quantità di terreni coltivati senza l’uso dei noti pesticidi.

A fronte di questo, però, si registra una massiccia importazione di prodotti provenienti dall’estero coltivati con tecniche che fanno un uso massiccio di pesticidi, come ad esempio il grano importato dal Canada.

In sede di analisi chimiche di campioni dei prodotti importati o coltivati in Sicilia, l’esito degli esami effettuati da parte degli organi di controllo raramente rileva uno sforamento dei limiti massimi consentiti per ogni sostanza chimica. Legambiente, nel suo ultimo dossier Stop pesticidi, denuncia: ‘solo 1,3% i campioni alimentari fuorilegge ma 34% dei campioni regolari è contaminato da uno o più residui di fungicidi e insetticidi: il record è di un campione di peperone con 25 residui. A preoccupare non sono tanto i campioni fuorilegge, che non superano l’1,3% del totale, quanto quel 34% di campioni regolari che presentano uno o più residui di pesticidi”, inoltre, continua Legambiente, “Ma il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano”

Assessorato Agricoltura Regione Siciliana: tavolo tecnico con l’Assessore Bandiera, con il Dirigente Cartabellotta ed insieme ad agronomi e rappresentanti di associazioni del Coordinamento Stop Glifosato

(https://www.legambiente.it/legambiente-presenta-il-dossier-stop-pesticidi/).

Alla luce di questi ultimi dati, che appaiono allarmanti, sarebbe opportuno rivedere la legislazione, oltre che regionale, anche europea e nazionale sui limiti di sostanze chimiche consentite, sui controlli e sulle analisi effettuate, che evidentemente dovrebbero tener conto del ‘multiresiduo’, per quanto riguarda i prodotti importati e coltivati, oppure si potrebbe pensare ad una certificazione a monte, per quanto riguarda i prodotti importati.

Nel nostro disegno di legge regionale, insieme a tutte le parti attive siciliane che sono interessate a portare un cambio di paradigma a salvaguardia di salute e ambiente, ci stiamo battendo per una Sicilia più agroecologica e per la valorizzazione del ‘made in Sicily’, perché sappiamo che l’economia del Sud si regge sui prodotti locali spesso legati alle tradizioni, come grano, olio, vino. Questo significa anche tutelare la salute pubblica, conservare la fertilità del suolo e, quindi, contrastare la desertificazione, i cambiamenti climatici ad essa correlati